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La teoria dell’omeostasi sinaptica durante le ore notturne è stata confermata da recenti scoperte. Infatti le connessioni tra neuroni diminuiscono di volume, di circa il 20 per cento, e di intensità durante il sonno, permettendo così un migliore apprendimento e consolidamento di informazioni acquisite durante il giorno in memoria.
In anni precedenti sono state portate avanti diverse teorie su quale fosse la funzione del sonno per il cervello, da quella ristorati a quella di consolidamento della memoria e dei processi cognitivi più in generale. Due nuovi studi apparsi su “Science” confermano con forza una terza ipotesi: il sonno serve per effettuare una sorta di “potatura” delle sinapsi, controbilanciandone in questo modo l’aumento che avviene durante il giorno. Quindi il sonno serve per diminuire il numero di connessioni tra neuroni e diminuire l’intensità di queste sinapsi. In un’ottica di omeostasi sinaptica, ci doveva essere qualche meccanismo che bilanciasse questa crescita, in modo da evitare una saturazione delle sinapsi che avrebbe condotto poi a un’annullamento del segnale e delle memorie più in generale.
Le ore notturne e il sonno sono la condizione migliore per questo processo di ristrutturazione, in quanto quando dormiamo non prestiamo molta attenzione agli stimoli esterni e siamo svincolati da “qui e ora”. Le sinapsi, aumentando di intensità, aumentano anche la loro dimensione divenendo più grandi. Al contrario quando si indeboliscono, vanno incontro ad una riduzione di scala e si contraggono.
I ricercatori Chiara Cirelli e Giulio Tononi del del Wisconsin Center for Sleep and Consciousness hanno analizzato se le dimensioni delle sinapsi avessero un cambiamento tra sonno e veglia. Prendendo una popolazione di topi, hanno analizzato la loro corteccia cerebrale e in particolare le dimensioni di circa 6.920 sinapsi, utilizzando una tecnica di immagini ad altissima risoluzione (microscopia elettronica tridimensionale).
Prendendo in considerazione ogni sinapsi hanno verificato a quale topo appartenesse e per quanto tempo l’animale avesse dormito nelle 6-8 ore precedenti alla registrazione. I risultati fanno emergere come le ore di sonno conducano a una diminuzione generale delle dimensioni delle sinapsi in entrambe le aree corticali studiate e in modo più proporzionale, alle dimensioni delle sinapsi. Questo ridimensionamento coinvolge circo l’80% delle sinapsi, ma non sembra interessare le sinapsi più grandi, legate a memorie più stabili.
Giulio Tononi afferma che “estrapolando dai topi agli esseri umani, i nostri risultati implicano che ogni notte migliaia di miliardi di sinapsi nella nostra corteccia si assottigliano di circa il 20 per cento”.
In un secondo studio condotto da Graham Diering, della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltomore, nel Maryland, sono state analizzate le proteine che formano i recettori posizionati sui neuroni post sintetici nel cervello dei topi. In particolare, sono stati analizzate le proteine di questi recettori, in due aree specifiche: l’ippocampo e la corteccia, che sono aree essenziali per l’apprendimento e la memoria. I dati finali mostrano che è presente una riduzione del 20 per cento nel livelli di proteine repertoriali, il che indica una diminuzione delle sinapsi nei roditori.
Hanno esaminato le proteine che costituiscono i recettori posti sui neuroni postsinaptici nel cervello di topi, in particolare in due aree cerebrali fondamentali per apprendimento e memoria: l’ippocampo e la corteccia. L’analisi ha dimostrato che nei roditori si verifica una diminuzione del 20 per cento nei livelli di proteine recettoriali, indicativo di una diminuzione d’intensità delle sinapsi.
L. de Vivo, M. Bellesi, W. Marshall, E. A. Bushong, M. H. Ellisman, G. Tononi, C. Cirelli (2017). Ultrastructural evidence for synaptic scaling across the wake/sleep cycle. Science. Vol. 355 (6324) pp. 507-510.
G. H. Diering, R. S. Nirujogi, R. H. Roth, P. F. Worley, A. Pandey, R. L. Huganir (2017).
Homer1a drives homeostatic scaling-down of excitatory synapses during sleep. Science.
Vol. 355 (6324), pp. 511-515.